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Megiddo

L’alchimia del trauma e la liturgia della rinascita – Andrea Luzi e il ciclo “Megiddo”

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In un’epoca in cui l’arte contemporanea rischia sovente di disperdersi in soluzioni effimere e in un’estetica autoreferenziale, Andrea Luzi si impone con un linguaggio pittorico denso, visionario e profondamente stratificato. Le due opere ovali del ciclo Megiddo evocano immediatamente un’esperienza arcaica e archetipica, sospesa tra l’iconografia religiosa, l’immaginario apocalittico e una sensibilità contemporanea per la carne e la rovina.

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Luzi con il dittico Megiddo compone non solo un ciclo pittorico, ma un rituale visivo. Le sue opere si collocano in uno spazio laminale tra arte sacra e visione dispotica, tra medioevo alchemico  e futuro post-organico. 

La scelta dell’ovale — forma mai neutra, simbolo del ciclo vitale, dell’uovo cosmico, della mandorla sacra -  rafforza la volontà di un’arte iniziatica, capace di interrogare lo spettatore a livello psichico e archetipico. L’opera di Luzi si costruisce su una grammatica minuziosa del dettaglio, dove ogni elemento — ogni incisione, ogni vibrazione materica — appare come il risultato di un processo quasi liturgico, la pittura diventa corpo, e il corpo si fa reliquia. 

I pigmenti sembrano scolpiti più che stesi, come se la superficie fosse stata erosa dal tempo o da un rituale antico. Nasce una tensione costante tra Eros e Tanatos, tra fecondazione e distruzione, tra luce aurorale e incendio terminale. Questo dualismo si riflette nella costruzione simmetrica eppure instabile dell’immagine, che richiama architetture sacre disfatte, templi mentali in rovina, cattedrali interiori ormai invase da presenze post-umane. 

L’artista lavora come un alchimista del visibile. 

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Trasforma la pittura in processo di rivelazione, di trasmutazione interiore. Le opere aprono spiragli, fessure simboliche attraverso cui il nostro sguardo viene attirato, sedotto, quasi risucchiato, Il gesto pittorico è minuzioso, ipercontrollato, eppure intriso di una tensione quasi mistica, l’organico e l’architettonico, il sensuale e il sacrale, il biologico e il cosmico coesistono in equilibrio precario, come in un’icona del nostro tempo.

 

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Con Megiddo, Luzi evoca. Una rinascita possibile, non consolatoria, ma profondamente umana. Una rigenerazione che passa attraverso la rovina, che si nutre di ciò che sopravvive alla cenere. Come ogni vero rito, anche Megiddo non ci offre risposte: ci trasforma.

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Andrea Luzi, La corona tra le ceneri, Chiesa S. Maria di Portosalvo 

 

Megiddo:

La corona tra le ceneri

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Megiddo:

La consumazione del fuoco

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Andrea Luzi, La consumazione del fuoco, Chiesa S. Maria di Portosalvo 

 

Andrea Luzi - Studio

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