Chiesa S.Maria della Misericordia a Porta Grande, Napoli
Premessa
L’esigenza di svolgere una ricerca storica – artistica è nata da un
dialogo con Padre Giuseppe, Parroco attuale della Chiesa S. Maria
della Misericordia.
Scegliere di dedicare un piccolo testo per la Chiesa S. Maria della
Misericordia a Porta Grande è stata quasi una necessità, un
desiderio. Un omaggio che si è scelto di realizzare anche per i residenti del quartiere, della Comunità della Chiesa citata, che con grande interesse hanno partecipato nelle ricerche.
Ognuno di loro ha dato un contributo attraverso i loro ricordi d’infanzia, le loro famiglie e la necessità di dar voce al loro quartiere, luogo dove vivono, loro luogo di ritrovo, la loro “Casa”.
Non c’è cosa più bella nel far sentire partecipi le persone e con tutto l’amore e la dedizione hanno raccontato storie, aperto fascicoli, camminato in gruppo, mano nella mano, per partecipare a questa piccola ricerca.
Quando si cita Porta Grande si pensa subito l’entrata del maestoso
Museo e Real Bosco di Capodimonte, ciò non consente di incuriosire le persone aldilà della zona limitrofa al cancello del sito artistico.
Eppure questo quartiere possiede tesori, non comparabili ovviamente alla grande raccolta del Museo di Capodimonte, ma si pensa che spetta anche a loro un piccolo omaggio. Questi tesori di cui si parla li andremo ad analizzare, ma con un protagonista benscelto: la Chiesa S. Maria della Misericordia e i dipinti al suo
interno.
Partiremo con una breve descrizione della piccola Chiesa, per poter
al meglio contestualizzare il luogo che custodisce queste fortune.
Ci soffermeremo a lungo su due grandi tele poste all’interno della
struttura, una del Postiglione e una del Maldarelli.
Ma perché l’attenzione è rivolta su queste due opere d’arte? La
risposta è semplice siccome sono le due grandi ricchezze di questa struttura ecclesiale, difatti i due pittori erano molti influenti all’epoca e possedere questi due capolavori è rivelante, significativo.
Chiesa S. Maria della Misericordia, ciò che sappiamo
È stato complicato riportare alcune notizie su questa Chiesa, ma da
quello che ci è pervenuto si è potuto dare un quadro cronologico
abbastanza lineare, ma sottolineo questo avverbio “Abbastanza”.
Iniziamo dalle basi, la Chiesa S. Maria della Misericordia è un’abbazia di Napoli, ubicata in via S. Antonio a Capodimonte.
Secondo i racconti delle famiglie del quartiere questa zona fino alla
nascita del Museo e Real Bosco di Capodimonte era circondata da
masserie e aranceti.
Secondo le fonti la struttura venne edificata nel XVI secolo - più
precisamente - nel 1532, con la primitiva funzione di ospizio. Oltre
alla Chiesa, il complesso comprende locali della struttura ospedaliera oggidì utilizzati come case o ripostigli.
A causa dello straripamento del torrente limitrofo che causò danni
alla Chiesa, il complesso venne restituito all’integrità nel XVII
secolo, 1616.
Nel 1919 divenne finalmente una Chiesa Parrocchiale.
L'architettura dell'edificio presenta elementi derivati dal periodo rinascimentale e dallo stile barocco. La chiesa si apre direttamente sulla strada da cui si accede attraverso sei gradini in piperno ed una cancellata in ferro. All’interno la Chiesa presenta una sola Navata con Cappelle laterali le quali posseggono alcune opere di valore
come San Francesco orante di Federico Maldarelli posto nella terza cappella a destra, il Sant'Antonio da Padova con il
Bambino di Salvatore Postiglione nella seconda cappella a sinistra e la Fuga in Egitto di ignoto pittore seicentesco sulla controfacciata.
La pianta è rettangolare sopraelevata rispetto il livello stradale. Le cappelle laterali sono ad arco a tutto sesto e copertura a volta a botte. Le cappelle sono sopraelevate di un gradino rispetto al piano dell’aula liturgica.
In fondo è presenta la zona presbiteriale che si conclude con
l’abside a forma semicircolare e cupola costolonata anch’essa semicircolare in alto. Il presbiterio si presenta innalzato da due gradini in marmo. L’altare maggiore è in marmi policromi, sorge
su tre gradini ed è caratterizzato dalla presenza di un bassorilievo con al centro la Vergine posta in una nicchia a tutto sesto.
Le pareti sono di colore giallo paglierino mentre gli archi, paraste
ed elementi architettonici sono attintati in bianco. Il ritmo interno è scandito da paraste di ordine ionico che sorreggono trabeazione più
cornice su cui si eleva un secondo ordine in asse con le tre cappelle
sottostanti, presenta finestroni a tutto sesto istoriati con motivi geometrici in vetro colorato giallo e trasparente. Le pareti sono rivestite in marmo grigio. Sull’ordine superiore della controfacciata vi è un loggiato a tre fornici che, fronteggiando la strada, da luce allo spazio interno dell’aula.
Inoltre alle opere pittoriche precedentemente citate ne sono
presenti anche altre. Tutte donazioni nel corso del 1900, dall’opera
pittorica di Anna Russo del 1923, la statua che raffigura Gesù
Crocifisso, molto realistica e restaurata a devozione di Francesco Polentini nel 1971.
Si sono svolti inoltre altri restauri, come quelli a devozione del
signore Carlo Sifo nel 1969, ricordati da una lastra di marmo sita all’interno della Chiesa.
La maggior parte delle decorazioni interne, come quelle presenti al
di sopra dell’altare e del Tabernacolo che incorniciano la statua della Madonna sono di stucco e gesso. La decorazione raffigura un gruppo di Angeli Musicanti che avvolgono la dolce Maria, ognuno di loro ha uno strumento diverso che suonano con grazia.
San Francesco in Orazione di Federico Maldarelli
Questi ultimi due capitoli saranno quelli più corposi, con molto impegno si cercherà di soffermarsi sulle tele di più valore della Chiesa, e ai loro Pittori.
Si inizia così col parlare di Federico Maldarelli, nato il due ottobre
1826 a Napoli, figlio del pittore napoletano Gennaro, morì il nove
dicembre 1893.
Federico fu allievo di Costanzo Angelini, pittore di corte Neoclassico anche lui napoletano che dal 1813 fu sovrintendente
del Museo Borbonico, adesso nominato Museo Archeologico di Napoli.
Attraverso questo contatto possiamo intuire l’impronta prettamente
Neoclassica del Maldarelli, presente anche nella raffigurazione
presa in questione: San Francesco orante. Impronta che va a
sfociare anche nell’accademismo trionfante, si parla dell’Art pompier. Questo termine designa i dipinti, le sculture che rappresentano scene storiche, coltivando e manifestando un gusto di stile pompeiano.
Difatti, l’artista, proprio in questi anni si dedicherà alla pittura di
genere storico influenzata dal pittore francese Lèon Geromè, ispirate da scene di vita romana e pompeiana.
Tramite l’Angelini il giovane Federico poté partecipare alle mostre
d’arte Borboniche, durante le quali espose la tela Testa della
Vergine nel 1848, al tempo il pittore era ancora studente dell’Accademia delle Belle Arti.
Già da giovane si può dedurre che era molto influente a Napoli tanto da ottenere la Medaglia d’Oro nel 1855 con il dipinto Santa Gliceria converte e battezza il suo carceriere.
Partecipò poco dopo, 1862, alla mostra Promotrice di Belle Arti di Napoli e alle successive edizioni.
Negli anni seguenti continuò brillantemente la sua carriera, bisogna
quindi citare necessariamente due date, il 1867 quando partecipò
all’ esposizione Universale di Parigi e il 1880 al Salon con due dei
suoi dipinti di piccole dimensioni: Bagno e Assunzione. Ma furono
proprio quest’ultimi a fargli guadagnare l’apprezzamento sui
mercati inglesi e tedeschi, dove le sue opere iniziarono ad essere ambite da collezionisti di queste nazionalità più che nella sua patria. Ne è testimonianza il successo acquisito a Rochester nel 1878, presso la Rundel Gallery, con il dipinto Il bagno pompeiano.
Ma perché a Napoli non ebbe quella fama? È doveroso chiederselo,
ebbene proprio nella nostra eclettica patria iniziava ad affermarsi
sempre di più il Verismo, guidato e promosso dal suo amico Domenico Morelli. Proprio il Morelli lo incaricò e nominò Ispettore Onorario della Pinacoteca di Capodimonte.
Federico non abbandonerà mai la sua patria, restaurando anche
gratuitamente il dipinto delle Vergine di Pompei nel 1879.
La data 1879 è di grande importanza, poiché proprio in questo
anno il pittore realizzerà l’opera presente nella Chiesa S. Maria
della Misericordia.
La grande tela sita nella terza cappella a destra raffigura San
Francesco in orazione, la tecnica utilizzata è pittura ad olio e ciò si
può intuire dalla brillantezza del colore. Ma da diverse ricerche si
può introdurre una veloce attribuzione del suo San Francesco e
quello di suo padre Gennaro.
Le due tele sono molto simili, dalla posizione assunta del Santo al dato paesaggistico presente, sembra quasi che gli insegnamenti del padre gli fossero ben impressi fino a questa realizzazione. Probabilmente si ispirò
proprio dal padre per poter realizzare la sua tela.
Dopo questa velocissima e sbrigativa attribuzione che può sempre
aiutarci a leggere l’opera presa in caso, vorrei dedicarmi a una
breve descrizione e lettura del San Francesco in Orazione di
Federico Maldarelli.
La forza naturale si percepisce eccome, dal mare alle montagne che
si intravedono e dal vento che sembra quasi fuoriuscire dalla tela.
Proprio questi elementi naturali richiamano il Sublime secondo
Kant, dove i fenomeni naturali e lo spettacolo visivo che manifestano suscitano paura, stupore e attrazione.
Il corpo di san Francesco, sembra quasi cedere, cadere nell’apparizione del Divino, si accascia, allarga le mani, accoglie, si fonde con il mondo naturale circostante. Il dettaglio che
maggiormente ci ha colpito è la stimmate al piede, proprio questa minuziosa peculiarità porta una raffigurazione eterea alla realtà.
Sant'Antonio da Padova con il bambino di Salvatore Postiglione
La nostra attenzione passerà adesso sul secondo quadro d’indagine
di Salvatore Postiglione, intitolato Sant’ Antonio da Padova con il
bambino.
Il Postiglione nasce il venti dicembre 1861 a Napoli, morì il 28
novembre 1906, aveva quarantacinque anni. L’anno successivo
alla sua morte venne commemorato all’Accademia delle Belle Arti
e nel 1910 furono esposte due delle sue opere, Interno e Cuore
Contento alla Biennale di Venezia.
Proveniva da una famiglia di artisti, lui e suo fratello (Luca Postiglione) appresero le prime nozioni di pittura dal padre, pittore di quadri religiosi. Il padre morì giovane e lasciò Salvatore ad occuparsi da solo di sé stesso. Apprese anche dallo zio Raffaele,
professore dell’Accademia delle Belle Arti di Napoli, il quale era un abile disegnatore e studioso di Raffaello Sanzio. Inoltre a questa impronta pittorica familiare egli prese lezioni sempre all’Accademia da Domenico Morelli, Gioacchino Toma e Filippo
Palizzi.
Successivamente egli si trasferì all’Accademia delle Belle Arti di
Modena, dove anche lui divenne professore, proprio come suo zio.
Salvatore Postiglione si caratterizza per la sua disposizione nel realizzare dipinti di vari generi pittorici, la sua originalità nel 21
ritratto previlegiando le figure femminili, il paesaggio e
scene di vita popolare.
Altro incarico di particolare rilievo fu quello di affrescare il castello di Miramare a Trieste e uno dei saloni del palazzo De Riseis a Napoli.
Decora anche con la collaborazione del fratello Luca, gli amici Vincenzo Irolli, Vincenzo Caprile e Gaetano Esposito la birreria Gambrinus nel 1889-90.
Nella sua ultima fase pittorica Postiglione ritorna a un’influenza
Preraffaellita che si diffonde maggiormente a Roma con la figura
di Nino Costa.
La sua poetica si diffonde nell’ambiente del Circolo Artistico
Politecnico, dove entrerà a far parte nel 1890, annata importante poiché nel 1891 fino al 1893 fu presente in città Gabriele d’Annunzio, proprio grazie a lui i temi simbolisti si propagano a
Napoli.
L’aura Simbolica e Preraffaellita resterà viva fino ai agli ultimi
lavori di Salvatore, la quale si può vedere in numerosi dipinti come
per esempio Scene del Decamerone.
Dopo aver analizzato sinteticamente la vita e la formazione del pittore possiamo addentrarci e nel dedicarci alla tela presente nella Chiesa S. Maria della Misericordia.
L’opera raffigura Sant’Antonio da Padova (Religioso appartenente
all’ordine Francescano e vissuto dal 1195 al 1231, venne proclamato Santo da Papa Gregorio IX)3 con il bambino, non sappiamo dedurre con esattezza la data di realizzazione ma siamo
certi che sia stato lui a dipingerlo dalla firma posta all’angolo della
tela.
La cosa che più colpisce è quella di far trasparire la tenerezza, l’amore del Santo, il suo sguardo però non è rivolto al bambino (Chi può essere mai quell’infante? Allegoria di Gesù bambino? O un semplice e comune bimbo?) ma a noi fruitori. Uno sguardo
tenero si ma anche con una leggera sofferenza, rafforzata dalle
labbra semi-aperte. La resa del dettaglio è ben studiata, dalle
labbra, dalla veste tipica Francescana, dal mazzo di fiori che il bambino sta mantenendo nelle sue piccole mani. Per non parlare della sospensione dei corpi, sembrano fluttuare, danzare all’interno di una nebbia che si affievolisce intorno alle loro figure. Emergono pian piano, da un fondo etereo insieme ad un susseguirsi di piccoli fiori, forse da campo. La grande maestria del Postiglione ci viene incontro, ce la fa percepire e non ci resta solo che ammirarla.
Testo a cura di Chiara Cesari