
Il futuro incerto delle chiese
Il futuro incerto delle chiese
203, questo è il numero delle chiese chiuse solo nel centro storico di Napoli.
Tali bellezze, lasciate talvolta al degrado più totale e chiuse per molto tempo, possono tornare fruibili attraverso l’arte contemporanea?
Domanda difficile e, di conseguenza, anche la risposta risulta tale.
Diverse chiese sono state riaperte al pubblico ospitando mostre di arte contemporanea. Ma tali esposizioni hanno reso onore al monumento stesso? Sono riuscite a creare un collegamento rispettoso con il luogo che le ha accolte?
Alcune si, altre meno.
Se dovessi pensare a un esempio di rinnovata fruibilità dell’interno di una chiesa, la mente mi proietta subito a un caso lontano dal suolo partenopeo: si tratta della Chiesa della Madonna della Mazza a Palermo. Edificata tra il 1603 e il 1606, prende il nome dalla tradizione iconografica che raffigura la Vergine del Soccorso nell’atto di impugnare una piccola clava contro il Diavolo. Dopo uno stato di abbandono è stata riaperta nel 2022, dopo circa 40 anni di incuria, grazie alle figure di Alessandra Borghese (giornalista, scrittrice e curatrice d’arte) e il Direttore dei Beni Culturali dell’Arcidiocesi di Palermo, Padre Giuseppe Bucaro, i quali sono riusciti a far coniugare le due pale d’altare, realizzate da Adrian Ghenie specificamente per questo progetto con la chiesa stessa.
Prima di parlare di questa operazione è necessario approcciarsi alla poetica di questo artista. Adrian Ghenie, classe 1977, è noto per la sua capacità di fondere il passato e il presente nella sua pittura. Le tecniche innovative adoperate, in particolare la sua abilità nell’utilizzo della spatola nella pittura, generano composizioni ricche e stratificate che integrano elementi di astrazione e realismo. Le sue opere si caratterizzano frequentemente per immagini frammentate e strutture spaziali fluide, offrendo una narrazione che coinvolge sia visivamente che emotivamente. Influenzato dalla maniera pittorica di Francis Bacon, Ghenie ha elaborato un approccio distintivo che contribuisce a ridefinire l’arte contemporanea mediante l’intreccio di metodi moderni e riflessioni storiche.
I due capolavori dell’artista, per le cappelle laterali della navata centrale della chiesa, svelano le raffigurazioni dei nuovi martiri della Chiesa: da un lato le crocifissioni dei cristiani che oggi giorno avvengono in Medio Oriente e dall’altro il martirio del Beato Pino Puglisi, ucciso dalla mafia nel 1993.
Riecheggia come Adrian abbia cercato di ricollegarsi alla storia di Palermo, di legarsi ad essa e agli avvenimenti contemporanei.
La Crocifissione e il Martirio di Puglisi rappresentano nuove iconografie di tematiche che si ripropongono anche nella nostra epoca, analogamente a quanto avvenuto mille anni fa.
Emerge prepotentemente come tali opere siano state concepite all’interno di una dimensione di eternità; infatti, l’intervento artistico di Ghenie si propone esattamente questo obiettivo.
Ritornando alla questione delle chiese chiuse nel contesto partenopeo, una delle possibili soluzioni potrebbe consistere nel valorizzare i monumenti storici come oggetto di continua ricerca artistica, anche attraverso l’invito di rappresentazioni contemporanee connesse al tema del sacro e della spingente attualità che risente dell’influsso del passato. In quest’ottica si auspica così un dialogo storico-culturale che possa perdurare nel tempo, assumendo una natura eterna e non meramente transitoria.
Ghenie al pari di Michelangelo o Caravaggio, aveva un sogno, ossia quello di realizzare qualcosa per una chiesa, ideare, dipingere, creare, sporcarsi le mani per l’eternità.
Penso che il punto focale sia questo: manca il sogno, manca l’umanità e il suo “sentire”.
Un caso analogo a Napoli si intercetta con la riapertura, avvenuta nel 2023, della chiesa barocca di Sant’Aspreno ai Crociferi, resa possibile grazie all’impegno di Don Antonio Loffredo, rettore della chiesa e fondatore della cooperativa La Paranza, da tempo impegnato nel riscatto del Rione Sanità. Questa chiesa ospita un corpus di sculture dell’artista Jago, configurandola quale museo dedicato alle sue creazioni, da quelle giovanili a quelle più recenti.
Jago, pseudonimo di Jacopo Cardillo, classe 1987, è uno scultore italiano nato a Frosinone. Come Ghenie, ma con l’ausilio del marmo, tratta temi contemporanei. Attraverso le sue sculture si percepisce un sistema di comunicazione fortissimo.
Quando le si guardano all’interno della chiesa non c’è discontinuità, bensì anche se realizzate nella nostra epoca, sembrano far parte da sempre di quel contesto. Il tema dell’eterno, in qualche modo, risuona anche in questo caso.
Da questi due esempi appena descritti vorrei soffermarmi su quanto ha scritto Tomaso Montanari nel libro Chiese chiuse, Einaudi, 2021: “[…] Con la loro viva compresenza dei tempi, smascherano la dittatura del presente. Con la loro povertà, con illoro abbandono, testimoniano contro la religione del successo. Possiamo decidere che anche questi luoghi speciali che arrivano dal passato devono chinare il capo di fronte all'omologazione del pensiero unico del nostro tempo. O invece possiamo decidere di farli vivere: per aiutarci a vivere in un altro modo.[…]”
Testo di Chiara Cesari